Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge si pone l'obiettivo di descrivere un quadro normativo di riferimento chiaro e omogeneo per tutti gli interventi concernenti la famiglia.
      Con l'articolo 1 sono stabilite le finalità generali della proposta di legge, che fissa i princìpi fondamentali relativi alle politiche di sostegno e di promozione della famiglia, in attuazione della Costituzione e degli atti internazionali vigenti in materia di diritti umani, attraverso l'azione coordinata dello Stato, delle regioni e degli enti locali, nonché delle istituzioni pubbliche e private che operano nel settore sociale.
      I princìpi fondamentali richiamati all'articolo 1 sono enunciati all'articolo 2, ai sensi del quale la famiglia, intesa come società naturale fondata sul matrimonio tra uomo e donna, è un soggetto giuridico ed è, pertanto, titolare di diritti, nonché destinataria di tutela da parte dello Stato, il quale riconosce la famiglia come realtà sociale preesistente alla comunità politica e ne regola e rispetta l'autonomia giuridica, etica, sociale ed economica.
      In particolare, lo Stato riconosce nella famiglia un elemento necessario per la propria esistenza e stabilità, e in forza di tale riconoscimento promuove, in cooperazione con gli altri enti territoriali, il servizio pubblico alla famiglia, cioè ogni attività resa da strutture pubbliche o private senza fini di lucro allo scopo di sostenere e valorizzare la famiglia stessa, nel rispetto delle convinzioni etiche, politiche

 

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e religiose dei cittadini, attraverso la tutela della vita in tutte le sue fasi, con particolare attenzione al periodo prenatale e all'infanzia, la tutela della salute dell'individuo nell'ambito familiare, la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo dell'individuo all'interno della famiglia e la funzione sociale che la famiglia svolge nell'ambito dell'ordinamento giuridico italiano.
      L'articolo 3 detta gli obiettivi che devono perseguire le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano nell'esercizio delle proprie competenze. Più specificatamente, esse devono sostenere la famiglia attraverso la rimozione degli ostacoli di ordine burocratico, educativo, abitativo, lavorativo ed economico che ne impediscono lo sviluppo; garantire la libertà delle scelte educative per i figli anche attraverso adeguati sostegni di carattere economico e la copertura delle spese sostenute e documentate per l'attuazione del diritto allo studio e all'istruzione; garantire il diritto alla procreazione e al dignitoso mantenimento dei figli mediante specifiche agevolazioni dirette a sostenere le famiglie numerose; assicurare adeguato sostegno all'assistenza diretta da parte delle famiglie ai cittadini anziani o disabili; promuovere e sostenere le iniziative finalizzate alla costituzione di reti primarie di solidarietà, nonché l'associazionismo e la cooperazione familiare, al fine di favorire lo sviluppo di forme di auto-organizzazione e di aiuto solidaristico tra le famiglie per la cura dei bambini, degli adolescenti, degli anziani e dei disabili; promuovere le iniziative delle reti sociali tendenti a sviluppare le capacità delle famiglie di assumere efficacemente la pienezza delle proprie funzioni educative e sociali; promuovere la realizzazione di strutture e di supporti tecnico-organizzativi per la realizzazione di attività ludiche ed educative per l'infanzia; promuovere attività che favoriscono il mutuo aiuto tra le famiglie per l'espletamento delle attività di cura, sostegno e ricreazione del minore e che aiutano a combattere il fenomeno della dispersione scolastica; tutelare il benessere di tutti i componenti della famiglia, con particolare riguardo alle situazioni di basso reddito o comunque di disagio, nonché l'adeguata formazione e il costante aggiornamento degli operatori addetti ai servizi pubblici alla famiglia; promuovere l'attività di tutela, di assistenza e di consulenza a sostegno dei componenti del nucleo familiare, dei minori orfani o comunque privi dell'assistenza dei genitori, delle vittime della violenza, anche sessuale, dei minori sottoposti a maltrattamenti, abusi e abbandoni, nonché iniziative a sostegno della madre e del bambino vittime di violenze familiari; promuovere iniziative per l'informazione sulle procedure di adozione e di affidamento dei minori; realizzare interventi volti a rimuovere difficoltà economiche, sociali, familiari che possono indurre la madre alla interruzione volontaria della gravidanza, nonché a diffondere informazioni relative alla possibilità di partorire o di affidare il neonato presso le strutture del Servizio sanitario nazionale conservando l'anonimato.
      L'articolo 4 sancisce il diritto ad avere una famiglia, che svolge un ruolo fondamentale per tutti i suoi componenti, i quali assumono al suo interno una posizione di centralità. Lo Stato è impegnato a rimuovere gli impedimenti sociali ed economici che non consentono l'effettiva esplicazione di tale diritto, in particolare favorendo la compresenza, nell'ambito della compagine familiare, di più generazioni. Nell'ambito dello stesso articolo è inoltre stabilito il principio in forza del quale il concepito ha diritto all'ingresso nella famiglia ed è considerato componente della stessa.
      L'articolo 5 mira a garantire a tutti i figli gli stessi diritti e le medesime tutele, siano essi nati all'interno o al di fuori del matrimonio. In proposito, è utile ricordare che l'articolo 30, terzo comma, della Costituzione stabilisce che «La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima». La ratio di questa norma è certamente quella dell'equiparazione giuridica tra la filiazione legittima e la filiazione
 

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naturale, ma la presenza di una clausola di compatibilità sembra evidenziare come la logica discriminatoria non sia del tutto superata. Infatti, sebbene la riforma del diritto di famiglia del 1975 (legge n. 151 del 1975) abbia sancito il principio dell'uguaglianza dei diritti tra la filiazione legittima e quella naturale, eliminando concretamente diverse forme discriminatorie di ordine patrimoniale tra i figli, nella corrente disciplina codicistica permangono non poche limitazioni gravanti nella sfera giuridica dei figli naturali e la tutela dei loro diritti è garantita solo nella misura in cui non interferisce con l'equilibrio costituitosi all'interno della famiglia legittima.
      In questa realtà normativa, quindi, gli interessi dei figli naturali sono ancora posti in posizione gerarchicamente inferiore rispetto agli interessi della famiglia legittima, a dimostrazione del fatto che il completamento del processo di democratizzazione del sistema familiare non si è ancora concluso.
      Per questo motivo, il comma 2 dell'articolo 5 prevede la sostituzione dell'articolo 74 del codice civile con una nozione di parentela più ampia di quella che attualmente contiene, in quanto stabilisce che si debba considerare parentela il vincolo tra persone che discendono da uno stesso stipite a prescindere dal fatto che la filiazione sia avvenuta all'interno o al di fuori del matrimonio.
      Con i commi da 3 a 8 si propone, da un lato, di modificare il quinto comma dell'articolo 250 del codice civile, il quale contiene l'espresso divieto del riconoscimento dei figli naturali ai genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di età. La modifica proposta interviene a sanare un'evidente discriminazione per quei figli naturali che, avendo genitori di età inferiore a sedici anni, non si vedono riconosciuto il diritto allo stato di figlio naturale riconosciuto; dall'altro, si predispongono misure di sostegno al genitore minore di età che abbia provveduto al riconoscimento del proprio figlio naturale, al fine di consentire al minore di essere educato e mantenuto dai propri genitori naturali.
      La disposizione di cui al comma 9 prevede la sostituzione del primo comma dell'articolo 258 del codice civile in tema di effetti del riconoscimento del figlio naturale, che, nella formulazione vigente, dispone che «Il riconoscimento non produce effetti che riguardo al genitore da cui fu fatto». La modifica proposta consente di eliminare il principio per cui il figlio naturale riconosciuto non assume vincoli di parentela (articolo 74 del codice civile) con i parenti del genitore che lo ha riconosciuto. L'unica possibilità, che peraltro risulta essere poco conosciuta, per superare questo limite è oggi rappresentata dalla «legittimazione» del figlio naturale, un residuo antistorico che avviene per susseguente matrimonio dei genitori naturali o per provvedimento del giudice, e che fa acquisire al figlio nato fuori dal matrimonio la qualità di «figlio legittimo», con tutti i diritti connessi a tale qualità.
      Con il comma 10 si aggiunge un ulteriore comma all'articolo 262 del codice civile, con il quale si dettano disposizioni in ordine all'assunzione da parte del figlio naturale del cognome del padre, prevedendo che il giudice debba, in ogni caso, tenere conto dell'interesse morale e materiale del minore e della volontà di entrambi i genitori.
      Con i commi 11 e 12 si intende intervenire sulle norme che disciplinano il disconoscimento: nell'ipotesi di figlio legittimo (o presunto tale, in quanto nato non prima di sei mesi dalla celebrazione del matrimonio, e non oltre dieci mesi dal suo scioglimento, o dal divorzio), infatti, l'azione di disconoscimento è estremamente limitata: deve essere proposta, a pena di decadenza, entro un termine breve (dalla madre entro sei mesi dalla nascita del figlio; dal padre entro un anno dalla nascita del figlio o dal giorno in cui ne ha avuto notizia; dal figlio entro un anno dal compimento della maggiore età o dal momento in cui viene, successivamente, a conoscenza dei fatti che rendono ammissibile l'azione) e la legittimazione attiva spetta solo a madre, padre, figlio, o a un
 

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curatore speciale nominato su istanza del figlio sedicenne ovvero del pubblico ministero (articolo 244 del codice civile); invece, in caso di figlio naturale, l'impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità è imprescrittibile e può essere proposta da chiunque vi abbia interesse (articolo 264 del codice civile).
      Con i commi 13, 15, 20 e 24 si sopprimono i riferimenti ai figli «legittimati» contenuti negli articoli 291, 536, 567 e 687 del codice civile, al fine di attuare concretamente la già prevista parificazione tra figli legittimi e figli naturali, eliminando l'istituto della legittimazione dei figli naturali riconosciuti.
      Con il comma 14 si estendono ai figli naturali riconosciuti le disposizioni dell'articolo 155 del codice civile in tema di provvedimenti riguardo ai figli anche in relazione ai provvedimenti relativi al mantenimento del minore e all'assegnazione della casa familiare.
      Con il comma 16 si eliminano il diritto di commutazione e ogni richiamo all'istituto contenuto in altre norme, salvo il diritto di prelazione dei coeredi in caso di alienazione dei beni ereditati, facendo venire meno così un forma di autentica discriminazione tra figli legittimi e naturali che ancora purtroppo vige nel nostro ordinamento.
      Con i commi 17, 18, 19 e 23 si provvede ad assicurare piena parificazione anche agli ascendenti naturali di un individuo modificando le norme in tema di «Riserva a favore degli ascendenti legittimi» (articolo 538 del codice civile), in tema di «Concorso di coniuge e figli» (articolo 542 del codice civile), in tema di «Successione dei figli legittimi e naturali» (articolo 566 del codice civile) e in tema di «Concorso del coniuge con ascendenti legittimi, fratelli e sorelle» (articolo 582 del codice civile). Le modifiche proposte si pongono nel senso di prevedere che tali norme si applichino non soltanto agli ascendenti legittimi, ma anche a quelli naturali.
      Con il comma 22, infine, si abrogano le disposizioni contenute negli articoli 579 e 580 del codice civile in tema di «Concorso del coniuge e dei genitori» e in tema di «Diritti dei figli naturali non riconoscibili», eliminando, da un lato, la norma per la quale in caso di concorso tra coniuge e genitori si ripartisce l'eredità per due terzi al coniuge e per un terzo ai genitori; dall'altro lato, abrogando le norme che di fatto discriminano i figli non riconoscibili rispetto agli altri figli, legittimi e naturali.
      Con l'articolo 6 si sancisce il diritto del minore ad avere comunque una famiglia, sia essa d'origine, affidataria o adottiva. La famiglia deve essere posta in condizione di assicurare lo sviluppo fisico e morale dei figli minori e a tale fine lo Stato deve garantire i presupposti economico-sociali atti a evitare l'allontanamento del minore dalla famiglia d'origine quando essa è numerosa o incapace di fare fronte alle necessità di tutti i figli, quando il minore è in una situazione patologica, in quanto disabile, o si trova in uno stato di devianza psicologica o di tossicodipendenza, nonché quando la famiglia versa in condizioni di grave disagio a causa di indigenza, di assenza di uno dei genitori, di condizioni abitative malsane o promiscue, ovvero di carenze di ordine psico-pedagogico e culturale.
      L'articolo 7 stabilisce misure in favore di soggetti disabili e di soggetti anziani, impegnando lo Stato e, più in particolare, le istituzioni pubbliche specializzate e le aziende sanitarie locali, a porre in essere interventi a supporto delle famiglie che devono prestare assistenza a uno o più dei loro membri disabili o anziani. Lo Stato deve altresì garantire le condizioni per la permanenza e l'integrazione dell'anziano e del disabile nella famiglia, o che agevolano l'inserimento di tali soggetti in comunità di carattere familiare. Sono inoltre previsti incentivi in favore di associazioni e di comunità che operano a tale fine.
      L'articolo 8 mira a promuovere l'associazionismo familiare, in ossequio al principio della sussidiarietà orizzontale, in forza del quale sono gestite dal servizio pubblico le funzioni che non possono essere adeguatamente svolte dall'autonomia dei privati come singoli o nelle formazioni sociali in cui si svolge la loro personalità. In base a tale principio, lo Stato deve valorizzare e sostenere le associazioni
 

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o le formazioni private volte a realizzare iniziative di sensibilizzazione e di formazione per le famiglie, o a promuovere la maternità e a prevenire l'aborto mediante l'assistenza alle donne impossibilitate a vivere la maternità come un evento desiderato. A tale fine è anche prevista l'istituzione, presso il Dipartimento delle politiche per la famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Registro nazionale dell'associazionismo familiare.
      In tema di educazione, l'articolo 9 afferma che la famiglia è il luogo di elezione, rispetto alle altre istituzioni pubbliche, deputato all'educazione dei suoi componenti e in cui si impara a stabilire un confronto relazionale con la società. Per questo motivo la famiglia deve essere posta in condizione di esercitare liberamente e autonomamente la sua funzione educativa, attraverso adeguati strumenti di formazione e di promozione.
      Con l'articolo 10 si riconosce il lavoro in ambito familiare, garantendo a tal fine la piena attuazione di quanto previsto dall'articolo 6, comma 1, della legge n. 493 del 1999, relativo all'affermazione del valore sociale ed economico del lavoro svolto in ambito domestico.
      In particolare, con il comma 2 si istituisce, presso il Ministero della solidarietà sociale, la Commissione per il monitoraggio e l'elaborazione delle proposte di ampliamento degli strumenti normativi previsti dall'articolo 75 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001, contenente disposizioni relative all'assegno di maternità per lavori atipici e discontinui, al fine di destinare le provvidenze economiche, ivi previste, a beneficio di coloro i quali svolgono, senza vincolo di subordinazione e a titolo gratuito, attività di lavoro domestico finalizzato alla cura delle persone e dell'ambiente ove dimora il proprio nucleo familiare.
      L'articolo 11 riconosce il diritto della famiglia a un'abitazione adeguata alle sue esigenze, prevedendo la progettazione di nuove abitazioni e il recupero di quelle già esistenti, nel rispetto delle esigenze generali e familiari, con particolare riferimento alle famiglie numerose e di nuova formazione, nonché a quelle in cui sono presenti soggetti anziani o disabili. Inoltre, è istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze il Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa. Il Fondo interviene assumendosi il costo delle procedure bancarie e delle spese notarili dei mutuatari che si trovano in difficoltà per il pagamento delle rate. I mutuatari possono chiedere di posticipare tali rate, prolungando la scadenza del mutuo primario, di un corrispondente numero di rate. Lo slittamento delle rate è possibile fino ad un massimo di diciotto mesi; sono ammesse due richieste, salvo l'avvenuto inizio delle azioni esecutive di recupero delle medesime rate.
      L'articolo 12 impegna lo Stato a prevedere agevolazioni fiscali e tributarie finalizzate in particolare a eliminare le discriminazioni a carico delle famiglie.
      Gli articoli da 13 a 17 sono tesi a modificare l'attuale sistema fiscale, introducendo il cosiddetto «quoziente familiare». È noto, infatti, che l'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), introdotta in Italia con la riforma tributaria del 1973 (decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597), individuava nel nucleo familiare l'unità impositiva richiedendo, oltre un determinato limite di reddito, il cumulo dei redditi familiari.
      Con sentenza n. 179 del 1976, la Corte costituzionale ebbe a dichiarare l'incostituzionalità del predetto cumulo, in quanto contrastante con il principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Carta fondamentale del nostro Paese. Il cumulo, infatti, impediva alla moglie lo status giuridico di contribuente, essendo questa obbligata a imputare i suoi redditi al marito.
      Infine, la Consulta giudicò non conforme al principio del favor familiae, che trova il proprio fondamento giuridico negli articoli 29, 30, 31, 34, 36 e 37 della Costituzione, il vantaggio che quella particolare tipologia di sistema tributario attribuiva alla convivenza di fatto rispetto al matrimonio.
      A seguito di tale pronuncia, dunque, il legislatore ha individuato, a partire dal
 

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1976, nell'individuo e non più nel nucleo familiare l'unità impositiva dell'IRPEF e, oggi, il numero di persone a carico e di percettori di reddito è considerato con un articolato sistema di detrazioni o di deduzioni.
      Mentre la tassazione familiare è normalmente giustificata dalla considerazione che benessere individuale e capacità contributiva del singolo dipendono non solo dal reddito individuale, ma anche dalle risorse del nucleo a cui l'individuo appartiene e dalla numerosità dello stesso, la preferenza per la tassazione individuale deriva dalla necessità di affermare la sovranità individuale nelle scelte sull'impiego del proprio reddito.
      Il trattamento della differente capacità contributiva di nuclei con caratteristiche demografiche diverse (numero di percettori e di carichi) è però oggetto di continuo dibattito e i numerosi interventi di riforma adottati dal legislatore nel corso degli anni ne sono una testimonianza.
      In particolare, in occasione del dibattito sul disegno di legge finanziaria 1991 (poi divenuta legge n. 405 del 1990) e nel corso di un dibattito più recente, è stato ripresentato il tema della definizione dell'unità impositiva ed è stata suggerita l'adozione di un sistema che tiene conto dei carichi familiari simile al quoziente francese.
      Con tale sistema il punto di riferimento del fisco non è più l'individuo, ma torna ad essere la famiglia. In questo caso, dunque, l'aliquota da applicare e l'imposta dovuta si calcolano per una «parte» di reddito, individuata dividendo il reddito complessivo familiare per un quoziente, che si ottiene attribuendo a ciascun individuo un coefficiente. L'imposta complessivamente dovuta dal nucleo si ottiene dalla moltiplicazione dell'imposta calcolata su ciascuna «parte» per il quoziente.
      Uno studio delle Associazioni cristiane lavoratori italiani (ACLI) ha dimostrato che applicando il modello francese il risparmio fiscale per le famiglie non sarebbe mai inferiore al 22 per cento.
      Un fisco più equo, poi, rappresenterebbe anche un efficace incentivo per le giovani coppie a formare una famiglia e un volano per la ripresa demografica.
      Osservando il funzionamento di questo particolare sistema impositivo, efficacemente utilizzato in Francia, ad esempio, si può affermare che il quoziente familiare, incorporando una vera e propria scala di equivalenza nella modalità di calcolo dell'imposta, è il sistema che maggiormente tiene conto dei bisogni crescenti al crescere del nucleo e che attribuisce il maggiore vantaggio alle famiglie numerose.
      Al pari delle altre tipologie di tassazione per parti, il quoziente familiare consente, dunque, di parificare il trattamento delle famiglie monoreddito a quelle bireddito, rispondendo a esigenze di equità orizzontale.
      Occorre considerare, però, che l'applicazione di un quoziente familiare alla tassazione produce un'attenuazione della progressività, di cui beneficiano le famiglie ad alto reddito, soprattutto quelle dove esiste una forte differenziazione di reddito tra i coniugi, comportando un problema di equità verticale.
      La proposta, quindi, è quella di applicare il sistema del quoziente familiare solo per i nuclei familiari con reddito fino a 100.000 euro, in tal modo favorendo solo le famiglie a reddito basso e medio.
      Al fine di incentivare la natalità, infine, si è assegnato un elevato valore (pari all'unità) al coefficiente attribuito dal secondo figlio in poi, in modo da accrescere il beneficio fiscale per le famiglie più numerose.
      In sostanza, il quoziente potrebbe essere differente a seconda che i contribuenti siano un individuo singolo, una coppia monoreddito o un nucleo bireddito, e potrebbe attribuire ai carichi familiari il peso di un'unità a partire dal secondo figlio secondo il seguente schema:

          a) 1 qualora il nucleo familiare sia composto da un solo individuo celibe, divorziato o vedovo senza figli;

          b) 1,5 qualora il nucleo familiare sia composto da un solo individuo celibe, divorziato o vedovo con un figlio o da una coppia sposata monoreddito senza figli;

 

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          c) 2 qualora il nucleo familiare sia composto da una coppia sposata monoreddito con un figlio o da una coppia sposata bireddito senza figli;

          d) 2,5 qualora il nucleo familiare sia composto da un solo individuo celibe, divorziato o vedovo con due figli o da una coppia sposata bireddito con un figlio;

          e) 3 qualora il nucleo familiare sia composto da una coppia sposata monoreddito con due figli;

          f) 3,5 qualora il nucleo familiare sia composto da un solo individuo celibe, divorziato o vedovo con tre figli o da una coppia sposata bireddito con 2 figli;

          g) 4 qualora il nucleo familiare sia composto da una coppia sposata monoreddito con tre figli;

          h) 4,5 qualora il nucleo familiare sia composto da un solo individuo celibe, divorziato o vedovo con quattro figli o da una coppia sposata bireddito con tre figli;

          i) 5 qualora il nucleo familiare sia composto da una coppia sposata monoreddito con quattro figli.

      Con l'articolo 15 si è provveduto a modificare alcune disposizioni del comma 1 dell'articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e successive modificazioni, recante la disciplina delle detrazioni per oneri familiari.
      In particolare:

          a) all'alinea si è innalzato l'importo che i contribuenti possono detrarre dall'imposta lorda per gli oneri sostenuti, portandolo dal 19 al 23 per cento. Questo importo si applica a tutti gli oneri sostenuti dalle famiglie di cui all'elenco contenuto nel medesimo articolo 15;

          b) si è innalzato il limite di 3.600 euro (7 milioni di lire), portandolo a 5.000 euro, previsto dalla lettera b), relativo alla detrazione dall'imposta lorda degli interessi passivi, e relativi oneri accessori, per mutui garantiti da ipoteca su immobili, contratti per l'acquisto dell'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale entro un anno dall'acquisto stesso;

          c) si è modificata la lettera c), con riguardo alle detrazioni per le spese sanitarie. La lettera c) prevede attualmente che le spese sanitarie possano essere detratte superata la soglia di 250.000 lire (129 euro). La modifica apportata abbassa la medesima soglia a 100 euro;

          d) si è modificata la lettera c-bis) per adeguarla alla modifica apportata alla lettera c);

          e) si è modificata la lettera d), con riguardo alle detrazioni per le spese funebri che attualmente sono consentite per un importo non superiore a 1.500 euro. Tale limite è stato innalzato a 3.000 euro;

          f) si è sostituita la lettera e), prevedendo la possibilità di detrarre le spese per la frequenza di corsi di istruzione secondaria e universitaria per un importo complessivamente non superiore a 3.700 euro. Attualmente la lettera e) prevede che la possibilità di detrarre le spese per la frequenza di corsi di istruzione secondaria e universitaria non possa essere superiore a quella stabilita per le tasse e per i contributi degli istituti statali;

          g) sono state introdotte le lettere: i-nonies), con la quale si dà la possibilità di detrarre le spese sostenute in occasione del matrimonio per un importo complessivamente non superiore a 35.000 euro. Tra tali spese rientrano anche quelle relative alla cerimonia nuziale e quelle sostenute per la predisposizione e l'arredamento dell'abitazione coniugale; i-decies), con la quale si consente la detrazione delle spese sostenute dai genitori per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido, per un importo non superiore a 832 euro annui, per ogni figlio.

      Con l'articolo 16 sono state apportate modifiche al decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, recante «Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi», allo

 

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scopo di consentire ai coniugi non legalmente ed effettivamente separati di presentare su un unico modello la dichiarazione unica dei redditi di ciascuno di essi, compresi i redditi dei beni dei figli minori soggetti all'usufrutto legale dei genitori che sono imputati per metà del loro ammontare netto a ciascun genitore.
      Con l'articolo 17, si è predisposta la copertura finanziaria degli articoli 13, 14, 15 e 16, valutata in 8 miliardi di euro a decorrere dall'anno 2007, utilizzando le maggiori entrate derivanti dalla lotta all'evasione fiscale.
      L'articolo 18 stabilisce la competenza del Ministro delle politiche per la famiglia in relazione alle iniziative programmatiche e agli interventi riguardanti la famiglia, istituendo al contempo presso il relativo Dipartimento l'Ufficio nazionale per la famiglia, cui competono le attività di studio e di programmazione dei fenomeni rilevanti per la famiglia, di studio e di programmazione delle politiche settoriali di intervento relative ai settori maternità, denatalità, minori, anziani, disabili, istituzioni sociali, abitazione, educazione e fisco, nonché l'attività di monitoraggio dell'impatto sociale della legislazione nazionale e regionale vigente sulla famiglia.
      L'articolo 19, infine, stabilisce la data di entrata in vigore.
 

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